Lasciamolo andare

Siamo così abbacinati dalla contemplazione del surreale, nascituro firmamento governativo, che rischiamo, nell’accecante visione d’insieme cui ci obbliga il momento, di perdere di vista i particolari. Sempre molto generosi quando si tratta di consegnarci una qualche lezione sul tempo.

Persi dietro le sorti di questa creatura spacciata prima ancora di vedere la luce – tipo certi prototipi d’aereo di inizio secolo – abbiamo per esempio dimenticato che un governo in carica, in Italia, c’è ancora. E’ vivo, e gode pure di ottima salute. Fisica però. Perché su quella mentale, qualche riserva l’abbiamo. Dopo settimane di evanescenza ben retribuita, e con un tempismo di cui non lo credevamo abile, il governo italiano si è manifestato giorni fa sotto la forma che più sembra esserci diventata familiare: l’assurdo. Ovvero nelle sembianze di un mandato: quello affidato all’avvocatura dello Stato per costituirsi parte del procedimento per difendere la legge che vieta il suicidio assistito. E che nelle prossime settimane – quando tra l’altro questo governo non sarà più in carica – si terrà davanti alla Corte Costituzionale. Quel processo che ha come imputato il dirigente radicale Marco Cappato, rinviato a giudizio per aver accompagnato lo scorso anno in Svizzera dj Fabo a mettere fine alla propria, precaria sopravvivenza.

Tempo fa, dando conto delle testimonianze rese ai magistrati dall’infermiere, dalla fidanzata e dalla madre di dj Fabo, tutte concordi nel confermare la lucida e ferma volontà di questo ex omone sorridente di congedarsi dalla vita, Mattia Feltri si chiedeva su La Stampa a chi diavolo dovesse rendere giustizia un processo del genere. Siamo ancora lì che cerchiamo una risposta. Ma intanto un’ipotesi possiamo escluderla: non a noi. Costretti ad assistere agli ultimi giorni di un governo in queste condizioni, senza nemmeno poterlo aiutare ad andarsene.